Giorno 53 settimana 9
Abbiate pazienza, presto non ci sarà più spazio per le auto. Tranquillizziamo gli animi più sensibili, trattasi solo di provocazione. Al massimo di un quesito. Di certo non l'ennesima rivoluzione. Nel bel paese al momento se ne vivono a sufficienza. Eppure tra le pagine dei rotocalchi e durante lo zapping televisivo il fattore "ciccia" è divenuto il form ideale per catturare l'attenzione dell'italiano medio. Se i più giù gettano le braccia al cielo al pensiero: sai che novità, le diete e il dibattito sulla linea è argomento fin dalla notte dei tempi, ci piace concordare con loro, ma al tempo stesso analizzare il problema sotto un differente punto di vista. Quello dell'accesso alla salute. Andiamo per gradi. Il primo certamente è legato alla sedentarietà nostrana che ci vede in Europa agli ultimi posti per qualità di vita in termini di allenamento. Solo 3 italiani su 10 fanno sport e solo la metà dei bambini conosce il significato delle parole: calzoncini corti. Sempre più il solo retaggio culturale della ormai smunta dieta mediterranea ci spinge a considerarla sufficientemente utile al mantenimento della linea. Morale mangiamo mediterraneo sì, ma con frequenza e quantità da ippopotami. Andiamo oltre.
Come se ciò di per se non fosse un pretesto utile noi italiani siamo il paese al mondo con le maggiori barriere di accesso allo sport. Strano, ma vero. Il nostro concetto di allenamento, fatta eccezione per chi si allaccia le scarpe e fa della strada la sua palestra, è rilegato a quote annuali in centri sportivi. Una barriera che di per se non è favorita neanche da sgravi fiscali, una voce di bilancio certamente più esigua di quella che ogni anno è destinata alle prestazioni sanitarie non a pagamento. Una prevenzione in termini di tesoretto, utile ad essere investita in ricerca. Non ci dilunghiamo sulla viziosità della macchina legata poi alle lobby farmaceutiche e alle prescrizioni facili.
Come se ciò di per se non fosse un pretesto utile noi italiani siamo il paese al mondo con le maggiori barriere di accesso allo sport. Strano, ma vero. Il nostro concetto di allenamento, fatta eccezione per chi si allaccia le scarpe e fa della strada la sua palestra, è rilegato a quote annuali in centri sportivi. Una barriera che di per se non è favorita neanche da sgravi fiscali, una voce di bilancio certamente più esigua di quella che ogni anno è destinata alle prestazioni sanitarie non a pagamento. Una prevenzione in termini di tesoretto, utile ad essere investita in ricerca. Non ci dilunghiamo sulla viziosità della macchina legata poi alle lobby farmaceutiche e alle prescrizioni facili.
Proponiamo invece una soluzione, alla luce della nostra posizione geografica nel mediterraneo cosi da permettere a tutti gli italiani di avere libero accesso allo sport. La più intuitiva è quella sul modello Americano, dove nei periodi di bel tempo mini centri fitness sono attivi lungo le coste con accesso gratuito o con abbonamento mensile che non supera i 10 dollari. Occorre ricordare che siamo una penisola e dopo la Spagna il paese europeo con maggiori chilometri di costa? Proseguiamo. Nei periodi invernali con piccoli investimenti perché non creare, con il patrocinio del ministero della sanità, strutture comunali dove potersi recare per farsi del bene. Strutture nelle quali mettere anche a disposizione macchinari per fitness, visite mediche e centri di riabilitazione? Una sorta di città dello sport nei quartieri. Una educazione didattica che favorirebbe anche la presa di coscienza che lo sport è fondamentale per la salute di ciascun individuo. Ogni centro sarebbe a sua volta il punto di ritrovo per molte persone in termini sociali. Infine ogni comunità sportiva, sia essa dislocato o centralizzata, produrrebbe un volano capace di occupare due categorie: quella degli istruttori e dei medici, che registrano i tassi di inoccupazione tra i più alti in Italia. Un esubero che facilmente andrebbe livellandosi verso il basso.
Per chiunque pensa che questi investimenti sottrarrebbero soldi alla manutenzione comunale o ad altre voci di bilancio è bene ricordare che una quota simbolica di 10 euro al mese è più che sufficiente per poter ripagare e forse guadagnare su una struttura capace di accogliere qualche migliaio di persone. I conti li lasciamo fare ai matematici. Per il momento noi crossfitter ci limitiamo a sognare uno sport libero e comunitario anche nelle strade, luogo sovrano da dove prende vita ogni cambiamento culturale. Eccovi un bel video a dimostrazione.
Per chiunque pensa che questi investimenti sottrarrebbero soldi alla manutenzione comunale o ad altre voci di bilancio è bene ricordare che una quota simbolica di 10 euro al mese è più che sufficiente per poter ripagare e forse guadagnare su una struttura capace di accogliere qualche migliaio di persone. I conti li lasciamo fare ai matematici. Per il momento noi crossfitter ci limitiamo a sognare uno sport libero e comunitario anche nelle strade, luogo sovrano da dove prende vita ogni cambiamento culturale. Eccovi un bel video a dimostrazione.
La redazione.